La composizione che funziona

Uno dei motivi per cui la fotografia che vorrebbe essere arte (non quella d’uso, che è perfetta così com’è, parlo di quella che vorrebbe tanto non essere ciò che è) rimane così spesso confinata in un regime di spazzatura estetizzante, modaiola e decerebrata, e non di arte, riguarda il tema della cosiddetta composizione. La composizione fotografica te la insegnano ovunque, dai corsi universitari all’ultimo freelance che arrotonda con i corsi fatti in casa. Dappertutto si spiega la sezione aurea, Fibonacci, le linee, le masse, i terzi e via di questo passo, insomma tutte le regole per “guidare lo sguardo” manco fosse una pecora da portare nel recinto (e infatti è proprio così).

Come e perché la composizione funzioni non se lo chiede nessuno, lo si deduce dal fatto che alla fine la risposta è sempre una variazione di: perché è naturale (il che comprende l’armonia universale, l’equilibrio cosmico, il grande occhio pulsante di Manitu). La natura è il rifugio di chi non si preoccupa: così è scritto nel grande libro della natura, cosa stai a farti altre domande?

La spiegazione colta di “è naturale” in compenso è spassosa. Dice che le immagini arrivano alla retina, da qui vanno nel cervello dove c’è una sala cinema e uno spettatore che vede e riconosce le forme. Ovviamente perché questa spiegazione funzioni occorre che anche quello spettatore abbia una retina in cui arrivano le immagini che poi vanno nel suo cervello dove c’è una sala cinema ecc ecc, e così all’infinito. Ma vaglielo a spiegare. Poi dice il grande apporto delle neuroscience al sapere.

Una domanda più sensata per cominciare sarebbe: come facciamo a sapere che stiamo guardando un’immagine? E come facciamo a riconoscere una figura come figura e come figura di qualcosa? Perché lo chiamiamo ri-conoscere, cioè conoscere due volte? Cosa succede quando certe masse e certe linee e certi colori ci provocano certe reazioni? Cosa è necessario succeda al nostro corpo perché tutto ciò accada?

Tornando alla “composizione che funziona perché è naturale sia così”, vi comunico che anche le mie gambe sono naturali, ma non per questo mi basta camminare per fare arte. Per lo meno devo essere Roberto Bolle, o Richard Long che usava i piedi per lasciare una traccia nel prato. Quindi siccome la composizione che funziona è naturale possiamo tranquillamente dedurne che la composizione che funziona non è arte. Spero che questo possa aiutarvi in futuro.

Del resto anche il cane di Pavlov rispondeva agli stimoli in modo naturale e infatti probabilmente è lui il più grande artista del mondo moderno e contemporaneo.

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