Automated Teller Machine

ph. Pietro Belotti

Nel progetto ATM abbiamo individuato e trascritto tutti i testi (istruzioni d’uso, cartelli pubblicitari e altro) presenti casualmente in un corpus di fotografie scattate agli sportelli bancomat e li abbiamo in seguito cancellati dalle fotografie stesse. Solo con quei vocaboli abbiamo composto una serie di dieci “scontrini parlanti” in forma di poesie di sette versi ciascuna, che abbiamo variamente associati alle fotografie originarie. Abbiamo simulato così la situazione in cui oggetti senza funzione e testi senza contesto si accoppiano e incrociano in modi nuovi, fornendo loro uno stampo per depositarsi e fissarsi.

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Cos’è una macchina? Uno strumento d’uso, una protesi, un doppio in cui rivediamo noi stessi o certe nostre abilità o “intelligenze rese automatiche”, ma ormai sparse, sconnesse, o ancora una nostra parodia? Oppure siamo noi, suoi creatori, funzioni di una macchina, un automa più grande che ci comprende? E come narrare questa storia di nuovo?


La denominazione internazionale “AutomatedTeller Machine” contiene l’invisibile ambiguità del termine “teller”, che è sia colui che conta, il cassiere, ma anche colui che rac-conta, il narratore. Per svolgere il suo compito, il “cassiere automatizzato” ha bisogno di una tessera, una chiave elettronica personalizzata che lo renda operativo, e un codice di istruzioni che permette di operare. I testi, cioè i saperi che circondano l’immagine (quelli eventualmente visibili nelle fotografie, ma soprattutto quelli invisibili, sterminati e tuttavia impliciti in ogni immagine riconosciuta come tale) svolgono la stessa funzione: sono il libretto di istruzioni che contiene i saperi che la rendono visibile e interpretabile. Senza di essi l’immagine smette di essere ciarliera e connessa: privata della sua funzione, incapace di incastro e di proliferazione diventa un oggetto muto, un oggetto celibe. Ma anche i testi, quando eliminiamo il rapporto con il loro contesto di senso, diventano oggetti muti: le parole si slegano dalla sintassi precedente e iniziano a fluttuare e a incrociarsi in modi imprevisti. Se li liberiamo, rendendoli indipendenti, fotografia e testi diventano incomunicabili e reciprocamente inutili. La chiave smette di aprire la porta e si presenta a sua volta come puro “essere lì”. Ciò che era “teller”, chiara ed evidente funzione di cassiere, diventa ora teller, narratore inconscio e notturno di se stesso che si disconosce.


NOTE TECNICHE
Pietro Belotti fotografie
Giorgio Barbetta testi
Curatela di Luca Panaro a Chippendale Studio

44 pagine formato 180 x 300
Carta patinata opaca con verniciatura selettiva, interni 130 g., copertina 250 g.
Scontrini su carta usomano 70 g.

Edizione di 30 copie numerate e firmate.

Stampato da Presspoint.

Il libro è presente nel catalogo "Dummy Photobook" di Chippendale Studio

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