Viaggi minimi

Non c’è bisogno di andare fino all’altro capo del mondo per fare brutte foto, puoi farle benissimo anche qui*

Milano, 500 passi dal bar all’ufficio – giovedì 4 maggio 2017, ore 13,30-14.

Milano, da Crocetta a Centrale – giovedì 4 maggio 2017, ore 17,50-18,10.

Da Desio a Milano, giovedì 11 maggio 2017, ore 7,20 – 8,15

Milano, Viale Gian Galeazzo e Viale Beatrice D’Este – venerdì 19 maggio 2017, ore 16-17.

Da Milano a Desio – mercoledì 3 maggio 2017, ore 18-19.

Roma, da via Urbana a via Crispi a via Urbana, martedì 2 gennaio 2018, ore 13-15

Da Roma Termini a? – mercoledì 3 gennaio 2018, ore 15-16

Viaggi minimi
Quasi tutti, quando siamo in viaggio (e lo siamo quasi sempre), facciamo turismo fotografico, un genere misconosciuto che risponde tuttavia a regole piuttosto rigorose e rivelatrici. La memoria ad uso personale - foto ricordo rapidamente smarrita nelle memorie del telefono - o relazionale - il selfie, il paesaggio, il particolare da condividere per non perderlo e non essere persi di vista e poterlo così dimenticare - di luoghi storico-culturali, naturali, ordinari o esotici obbedisce infatti ai percorsi che potrebbero tranquillamente essere indicati dalle guide online e a imperativi di stupore consigliato dal numero di stelle e commenti.

Qualcosa ci colpisce – colpisce tutti – al primo minuto della nostra presenza in un posto: la bella veduta, il pittoresco, l'arcinoto o l’inconsueto, il terrifico, il curioso, il bizzarro, il regolare o l'irregolare e subito viene sancito dal “è lì-sono qui” della foto. Ci colpisce perché lo ri-conosciamo: è un cliché visivo. Poiché lo riconosciamo ci fa salivare come il cane di Pavlov. In pratica tutti quanti vediamo solo ciò che conosciamo già: il viaggio turistico (che alcuni chiamano taccuino di Instagram) è in larga parte una conferma dell’assenso sociale riguardo al viaggio stesso, alle sue descrizioni e recensioni. E la fotografia turistica è la riproduzione di altre riproduzioni: siamo immersi nel già visto e rispondiamo a comando; cercando tuttavia attraverso le foto il nostro posto "unico", la nostra collocazione. In questo senso, nella sua apparente banalità, la fotografia turistica è un esempio privilegiato di un atteggiamento estetico generalizzato cui non sfugge nemmeno chi (soprattutto chi), per distinguersi dalla massa e sembrare persona profonda e di buon gusto, andrà allora a cercare il personale, l'intimo, il ricercato, il solitario, l'oscuro, l'enigmatico sintomatico mistero.

La fotografia del ricordo collettivo, nel momento in cui è immediatamente socializzata, si trasforma infatti in relazione e ciò che involontariamente mostra è ciò che siamo, o meglio ciò che proviamo a occultare mostrando il nostro profilo migliore. Cosa vogliamo far vedere? Cosa vogliamo che gli altri vedano e pensino di noi, attraverso ciò che mostriamo loro? E invece cosa le nostre immagini pensano e dicono di noi?

La fotografia turistica è sempre un autoritratto differito della nostra generale speranza di fare parte di un mondo, collocati nel punto che a noi pare migliore; un ritratto della nostra paradossale ricerca di consistenza, che contiamo di ottenere magicamente per prossimità con ciò che appare impassibile e sempre di fronte, per quanto possiamo girargli attorno: gli oggetti puri della nostra "cattura estetica", che tuttavia beffardi appaiono e scompaiono nella tremolante presenza dell’immagine tecnica.

La fotografia turistica è insomma il condensato prezioso di tutto quanto possiamo e dobbiamo catastroficamente sbagliare nella nostra idea del rapporto tra immagine, segni, scrittura di noi nel mondo e viceversa.

Il progetto “Viaggi minimi” mette in scena l'ubiqua fotografia turistica, spostandola dai luoghi deputati a favore di una routine di percorsi del tutto quotidiani e banali. In ogni sessione, inizio, percorso e fine del viaggio sono stabiliti a priori e il numero di foto che verranno prodotte dipende dalla lunghezza del percorso suddiviso in misure standard e in relative occasioni di “stupore”. Al bello, al suggestivo, al caratteristico, al rilevante o sublime sono sostituiti i soggetti di una fotografia vagamente indiziaria così che la domanda costante che viene suggerita sia: cosa dunque c’è da vedere qui? Cosa sto guardando? Come voglio essere (visto)?

* Viaggi minimi, terzo capitolo del progetto Cover, è un omaggio a Franco Vaccari.

 

 

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