Sudori freddi


Quand’eri piccolo a un certo punto ti tagliavano i capelli cortissimi, non dico proprio a spazzola ma quasi, e se andavi a giocare e correvi a lungo, nella bella stagione, arrivava quel sudore, specialmente sulla nuca. La toccavi con la mano ed era una sensazione strana sentire la nuca bagnata tra le punte della sfumatura. Bastava fermarsi per qualche minuto e il sudore rapidamente si raffreddava tra i capelli umidi, una goccia colava nella schiena, quasi una consapevolezza. Non che ti dispiacesse, andare dal parrucchiere. Meglio dell’anticamera del dottore o del dentista. L’attesa in un posto di adulti rendeva sempre il respiro corto e nell’aria, assieme ai grani di polvere tra l’ombra e il sole filtrante a lame dalle veneziane, fluttuava invisibile il presagio di un futuro incontrollabile e spaventoso, più grande di te. Ma dal parrucchiere quell’ansia abbandonata sulle poltrone troppo grandi di fronte allo spettacolo era quasi piacevole. Sapevi che questi adulti avevano in mira solo i tuoi capelli e le loro mosse, i loro balletti, i loro tic di forbici scattanti e pettini roteanti li rendevano simili a giocolieri. Guardavi i tuoi capelli cadere a ciuffi sul lenzuolo bianco da cui emergevi solo col capo, li vedevi ormai salme sul pavimento spazzati dalla scopa senza che il tuo morto lascito corporale ti suscitasse più di una curiosa, oscura nostalgia, come si guardano le unghie tagliate via e raccolte nella mano o il corpo di un insetto torturato che scappa da nessuna parte.

(maggio 2005)

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