Istruzioni per essere come dio
Fotoromanzo di argomento teologico che allude a un presente a dir poco inquietante
Il dio dei filosofi è un essere ideale in grado di conoscere le cose come realmente sono, cioè: di vederle da tutti i lati e i punti di vista contemporaneamente. Se non avete familiarità con questo tipo di vertigine, immaginate un romanziere che si preoccupi di elencare al suo lettore il numero esatto di biscotti inzuppati dal protagonista Alberto nel caffelatte quel mattino, il loro peso, quanto caffelatte la tazza conteneva in decilitri suddivisi tra una bevanda e l’altra, e poi di contare per voi con precisione i respiri di Alberto nel tragitto percorso prima di incontrare la fidanzata Nora, i battiti del suo cuore, la composizione chimica esatta della saliva istante per istante, nonché la quantità di granelli, sassi, foglie presentisu quel lungo marciapiede (ma lungo quanto? È presto detto) in un delirio di particolari sempre più fitto che procede via via in tutte le direzioni. Ecco: il dio dei filosofi, in altri termini, è un pazzo scatenato affetto da ossessioni pericolose, incapace di scegliere, incapace di distinguere, incapace di perdere. Per fortuna un tale essere non esiste, è solo una proiezione dei nostri incubi di ubiquità e ipercontrollo. Non può esistere una situazione in cui tutti siamo presenti a tutti nello stesso istante e da tutti i punti di vista. Vero?
Di questo progetto esiste anche un'espansione installativa
Albero fotografato in moto antiorario, via Prati, Desio (MB)
Colonna fotografata in moto orario. Stazione FS Garibaldi, Milano
Palo fotografato in moto orario. Stazione FS Desio (MB)
Ombrellone fotografato in moto antiorario, supermercato Coop, Desio (MB)
Albero fotografato in moto antiorario, vale Beatrice D’Este, Milano
Albero fotografato in moto antiorario, viale Beatrice D’Este, Milano
Statement
In questo lavoro, che appartiene alla raccolta “Fotoromanzi” (otto serie di fotografie nella quale esploro alcuni degli “infiniti modi di dire” che possono emergere dalle immagini dimenticate), ho utilizzato un escamotage letterario e pseudo-filosofico, corredato da un protocollo tecnico paradossale, per simulare in modo geometricamente comico lo sguardo “supremo” di un essere onnisciente, in grado di osservare le cose da tutti i punti di vista: dio, macchina o inconscio artificiale inconsapevole che sia. Attraverso questo apparato testuale ho inteso da una parte predeterminare la successiva esplorazione visiva, in modo da condizionarla e parodiare i trucchi dello storytelling che si pretende creativo, ma è solo meccanico, iniziatico o sentimentale. D’altra parte il lavoro prende di mira l’idea che la visione sia un fenomeno assoluto e neutrale, assunto tipico dei sistemi di sorveglianza e degli usi della fotografia come cattura estetica, auto-seduzione o strumento di potere che trasforma in oggetto ciò che guarda. In questo modo il lavoro allude, per differenza, a quanto la visione umana sia invece naturalmente incarnata, collocata, parziale e legata alla proliferazione di elementi testuali e immaginativi.